La Spagyria

Laboratorio Spagyrico

Tra gli innumerevoli approcci alla preparazione delle piante e dei funghi officinali che l’essere umano ha elaborato ce n’è uno che affonda le sue radici in una Tradizione secolare e che prima di tutto si traduce in una pratica di laboratorio precisa e sapiente: la Spagyria. Di questa “visione”, e del modo in cui vengono trattate queste materie medicinali, ci occupiamo in questo scritto.

La paternità di tale termine, che deriva dal greco, viene fatta risalire ad una figura carismatica del tardo Rinascimento: Theophrastus Aureolus Bombast von Hehenheim (Einsiedeln 1493 – Salisburgo 1541), conosciuto come Paracelso. Spagyria è appunto una parola composta da due termini greci: spao ed agheiro, e può essere tradotta in questo modo: l’Arte di separare il puro di ogni misto da tutto ciò che essa ha di impuro ed estraneo, poiché “spao” sta ad indicare solvi e “aghiero” coagula. Tutto ruota attorno alla separazione dei Prìncipi Spagyrici (Zolfo, Mercurio e Sale), alla loro purificazione e successivo ricongiungimento.
Il presente lavoro nasce dall’esigenza di sintetizzare le informazioni circa le piante e i funghi officinali attualmente impiegati come sostegno al benessere dell’essere umano rispetto alla grande mole di informazioni, talvolta in contraddizione tra loro, reperibili in letteratura.

Poiché sono migliaia le erbe e i funghi in uso nel mondo, sono state scelte per questo approfondimento quelle specialità che meglio rispondono al criterio di “sicurezza d’uso”, ovvero abbiamo messo a repertorio le piante e i funghi che hanno dimostrato nel tempo di essere efficaci senza arrecare danno alla salute, dopo un lungo periodo di utilizzo da parte dell’uomo.
Per ogni specialità abbiamo evidenziato la “proprietà dominante” e le relative “indicazioni dominanti”, ritenendo un elenco non gerarchizzato delle virtù dei semplici di poca chiarezza nell’attestare la qualità predominante di quella che definiamo “Intelligenza intrinseca” del soggetto, pianta o fungo che sia.

“..tutti i semplici oltre l’elementari forze ritengono una occulta proprietà, e nascosta simpatia, per la quale ogni semplice ha qualche virtù a null’altro comune.” Fra Donato L’Eremita, Dell’Elixir Vitæ (1624)

Per ogni specialità le proprietà sono state rappresentate con un diagramma a blocchi per evidenziare le reciproche influenze tra le virtù. Infatti, fermo restando che la proprietà dominante è quella da tenere nella massima considerazione, è corretto pensare a questi enti di natura come a sostanze in grado di modulare e di riallacciare una corretta comunicazione tra le parti costituenti l’essere umano, ognuna con una specificità o tropismo ben definito.
Ogni entità di natura, a qualunque Regno appartenga, esprime un certo grado di organizzazione. Ciò si palesa sia da un punto di vista biochimico che elettromagnetico o informazionale.

La preparazione ha lo scopo di rendere fruibile questa organizzazione e renderla coerente; solo a questo punto potrà essere utilizzata come sostegno per il mantenimento delle funzionalità umane. Al tempo stesso con la corretta farmacoprassia, o metodica di preparazione, si possono amplificare le virtù di detta Intelligenza, una volta che si sarà allontanata la parte non propriamente virtuosa del soggetto, alleggerendo la digestione e lo stomaco e migliorando la biodisponibilità del rimedio stesso. Abbiamo verificato che alcune piante concentrano le migliori potenzialità in determinate zone (frutti, radici, foglie, fiori, gemme) e che ad ogni porzione di vegetale corrisponde una tecnica estrattiva specifica per esaltarne la forza.

Avendo condotto in Laboratorio quella che gli antichi chiamavano “l’anatomia del vegetale” abbiamo potuto separare dalla pianta i singoli costituenti (oli essenziali, tintura, sali) e, purificandoli ognuno per se stesso, ne abbiamo compreso le potenzialità e la metodica di lavorazione più consona alla sua specifica composizione. Citando Nicolas Le Fevre nel suo Trattato della Chymica:

“Dunque, quando si saranno distinte le diverse sostanze che l’Artista può estrarre dalle cose naturali e si sarà sottolineato che alcune di loro abbondano in misura maggiore o minore di zolfo, sale, spirito, terra, o flegma, i quali si ritrovano in tutti i misti delle tre famiglie della natura: animale, vegetale e minerale, sembra che si possa determinare legittimamente qualcosa per l’uso della medicina, per far riconoscere le virtù e le proprietà che sono specifiche ad ognuna delle parti che si sono estratte dai misti…” (1660)

 

“Le parti inutili superflue, grossolane, terrestri, escrementi, impure, vengono separate dalle parti utili, buone, sottili, penetranti, pure, spiritose ed efficaci, per cui queste ultime, risultano essere molto più penetranti ed assimilabili dal corpo umano conferendogli la loro virtù e sono vinti dal calore naturale (qualche volta debolissimo). Diversamente, nell’assimilazione dei corpi interi o di quelli non ancora separati, il calore, reso debole, con grande fatica e con notevole dispendio di forze sarebbe in difficoltà a ricevere la virtù delle parti pure.” (Antonio de Sgobbis, Theatro Farmaceutico, Venezia 1692)

L’estrazione e la macerazione sono condotti con solventi appropriati, ed opportunamente predisposti, per ogni tipologia di preparazione, per estrarre quanto il soggetto serba in se di virtuoso, per ottenere un estratto e un residuo. Dal residuo si otterranno le ceneri e dalle ceneri i Sali.

La sistematica reintroduzione dei Sali negli estratti durante la Circolazione finale è di particolare rilevanza per conseguire l’obbiettivo di ottenere una preparazione perfezionata che rispecchi il totum di ciò che la materia di partenza aveva in se. I Sali, quindi, rappresentano una parte fondamentale dell’identità del vegetale o del fungo da cui si è partiti. Essi non sono aggiunti solo per completezza ma soprattutto per il ruolo determinante che hanno nel considerare l’azione complessiva delle piante e dei funghi.
Vero e proprio fiore all’occhiello, secondo i precetti della Tradizione, è appunto la Circolazione finale dove i Princìpi estratti dal vegetale purificati sono posti assieme in un vaso chiamato pellicano o in cucurbita e capitello cieco. L’operazione è condotta al calore di chioccia (circa 40° gradi) anche per separare il puro dall’impuro, restando questo nel fondo del vaso. Tale operazione fa pervenire il rimedio al cosiddetto invecchiamento, una sorta di stabilizzazione del rimedio. Ma è a questo punto che le forze, o spiriti, vengono ad essere moltiplicati giungendo alla potentizzazione del rimedio, senza dimenticare che in questo modo le crudità e le parti non virtuose del vegetale vengono ad essere mitigate, modulate, e trasformate in virtuose.

In questa fase le materie all’interno del vaso sono sottoposte ad una continua evaporazione e ricondensazione, senza soluzione di continuità, che favorisce una sorta di respirazione interna, una reiterata espansione e contrazione di stato che non è mai perfettamente identica alla condizione precedente durante la quale vi è uno sviluppo armonico del campo elettromagnetico ed informazionale, che a questo punto sarà pronto per informare il sistema biologico con cui verrà in contatto, guidando i processi di autoregolazione.
Terminata la Circolazione il contenuto del vaso viene filtrato.

Lo scopo di una siffatta preparazione, sicuramente più complessa e dispendiosa, sta nel fatto che gli Autori del passato sono concordi nel riconoscere la presenza nei vegetali di due costituenti inopportuni alla salute umana: il flegma e la terra dannata. Il primo è una umidità superflua, la seconda è una materia inerte. Entrambi avevano una ragione d’essere per la pianta ma non gli si attribuiscono virtù medicamentose in ambito umano, anzi, per la loro natura pesante e indigesta occludono, appesantiscono la digestione stessa, affaticano il sistema e inibiscono la circolazione della forza vitale.

Questi processi di lenta cottura in cui le materie di partenza vengono separate, purificate e congiunte nuovamente, maturano tutto quello che nel vegetale è immaturo e quindi non consono alla natura umana, conferendo al prodotto finale un elevato grado di purezza e rendendolo biocompatibile. Assistiamo, in altre parole, ad un processo di retrogradazione che ha lo scopo di liberare le forze intrinseche nelle sostanze e di guidarle verso un buon grado di perfezionamento che ne aumenta le potenzialità medicamentose, che a loro volta destano, per analogia, lo Spirito Vitale nell’uomo agendo “…a favore della Vita”. Un rimedio grezzo non è in grado di attivare tutto questo, in primis perché il corpo non riconosce simile a se stesso un preparato grossolano da cui non sia stata allontanata la terrestrità e sia composto da sostanze eterogenee che riconosce più come cibo che non come medicina.

Per gli antichi il medicamento deve avere caratteristiche ben precise:

  • deve agire sulla fisiologia in modo delicato senza appesantirla, sopratutto se già impegnata a contrastare un processo patologico;
  • deve essere di natura leggera per attraversare i tessuti, raggiungere l’organo-bersaglio senza appesantire la digestione;
  • deve essere volatile per raggiungere il livello delle Digestioni (Teoria delle 6 Dige- stioni secondo Van Helmont) che ha causato lo squilibrio.

“Ai medicamenti spagyrici, dalla loro preparazione, non viene nessuna violenza, anzi, la fabbricazione per mezzo di queste è solamente diretta a questo fine, cioè che siano esenti da ogni qualità dannosa, soverchia o violenta, corretti e puliti dalle qualità maligne, separati dagli scarti, migliorati ed esaltati; di modo che risultino solo benigni, utili ed efficaci.» (Antonio de Sgobbis, Theatro Farmaceutico, Venezia 1682)

Il sapore, ma anche l’odore, di questi preparati sono particolarmente delicati e palatabili. Questi aspetti non sono di secondaria importanza poiché sono le prime informazioni/messaggi che il rimedio invia all’organismo che in risposta si predisporrà favorevolmente o meno. Non è un caso se le antiche tradizioni mediche, Cinese, Indiana (Ayurveda, Unani), Tibetana e Mediterranea, fondano la proprie conoscenze erboristiche a partire dai sapori delle erbe medicinali, derivandone successivamente le proprietà delle piante. L’odore è, come ampiamente dimostrato dall’Aromaterapia, un ponte diretto, senza filtri, verso il cervello.

Visto da un altro punto di vista potremmo dire che le procedure con cui si realizzano questi rimedi ravvivano la memoria primordiale o Intelligenza impressa nelle piante e nei funghi, venendosi a trovare in uno stato che tende all’indeterminazione, condizione necessaria allo sviluppo di una vitalità coerente che può essere valutata con le moderne tecniche di cristallizzazione (tecnica SAT). Rilevare la presenza di campi morfogenetici informati che, all’atto della cristallizzazione, danno vita a cristalli ben formati ed omogenei, secondo gli esperti, sta ad indicare la presenza di una considerevole forza vitale che, a sua volta, struttura le sostanze (principi attivi) presenti nel vegetale.

Non è difficile pensare che l’utilizzo combinato e sinergico di questi rimedi sia la strada migliore per utilizzarli. Tutte le possibili combinazioni possono essere utili senza mai esagerare nel numero di prodotti (massimo tre) per affrontare i più comuni disagi. Ma è anche vero che, secondo l’esperienza sul campo che abbiamo acquisito sin qui, il fungo dovrebbe essere il fulcro attorno al quale far ruotare le piante in funzione delle esigenze.